Venduta la casa donata da don Marco alla Diocesi e destinata a biblioteca?!? …e la casa di don Oronzo donata alla Parrocchia?!?

Venduta la casa donata da don Marco alla Diocesi e destinata a biblioteca?!? …e la casa di don Oronzo donata alla Parrocchia?!?

18 Aprile 2022 Off Di Pantaleo Gianfreda
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La casa del defunto don Marco Guido donata alla Diocesi

Il 6 febbraio 2016 moriva, a 89 anni, don Marco Guido, già viceparroco a Collepasso, poi parroco a Cerfignano, per anni Delegato diocesano per l’Ecumenismo e, infine, ritiratosi nella sua “casa-convento”, cappellano presso l’Oasi delle Suore di Ivrea.

Il 4 dicembre 2019 moriva, a 63 anni, don Oronzo Orlando, parroco della Chiesa Cristo Re per 23 anni (dopo nove a Maglie) e poi della Chiesa Madre per sei anni sino alla sua scomparsa.

Due sacerdoti “collepassesi doc”, generosi, sempre fedeli e “innamorati” della loro “sposa”, la Chiesa, tanto, alla loro morte, da aver lasciato ad essa immobili e beni di proprietà, legalmente accettati dai suoi rappresentanti pro tempore (circostanza che chi ha accettato quei “doni” non dovrebbe mai dimenticare!).

Don Marco aveva stipulato atto di donazione, integrato da successivo testamento olografo, in favore della diocesi di Otranto della sua abitazione di via Roma e annessi libri e suppellettili perché “l’immobile venga adibito a biblioteca, allocando e conservando nello stesso tutti i libri di proprietà del donante, che saranno offerti alla libera consultazione dei fedeli, per la loro elevazione morale, culturale e religiosa”.

L’abitazione di Don Marco in via Roma

Don Oronzo aveva lasciato con testamento la casa di via Umberto I alla Parrocchia della Chiesa Madre.

Un bel dono” definì don Celestino il generoso lascito nel comunicare ai fedeli la donazione (cliccare su “L’estremo atto d’amore di don Oronzo per la comunità di Collepasso: il dono della sua casa alla Parrocchia”).

L’abitazione del defunto don Oronzo in via Umberto I donata alla Parrocchia

A sei anni dalla morte di don Marco e circa tre da quella di don Oronzo, che fine hanno fatto tali “doni”?!?

La domanda è legittima perché si sono diffuse nel paese voci allarmanti (e fondate), che stanno turbando l’opinione pubblica e rischiano di minare la credibilità di alcuni rappresentanti istituzionali della Chiesa, sia di vertice, come è un vescovo, che di base, come è un parroco.

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Diocesi e Parrocchia hanno il dovere di rispondere e rendere conto. I cittadini hanno diritto di sapere.

Non è un mistero, infatti, che la Parrocchia, retta da don Antonio Russo, sia intenzionata a vendere il “bel dono” di don Oronzo.

Don Oronzo Orlando

Vogliamo auspicare, però, che il buon don Antonio, al quale, facendomi interprete di un “diffuso sentire”, ho già espresso le mie rimostranze, receda da questa decisione, che offende la memoria del generoso predecessore.

Le presunte difficoltà gestionali dell’immobile non sono sufficienti a giustificare tale eventuale scelta, dal momento che con un po’ di buona volontà e spirito di iniziativa, il “bel dono” di don Oronzo può essere destinato, onorandone la memoria, a svariate attività di carattere pastorale, sociale, civile, culturale. In extremis, se la Parrocchia è “a corto” di idee o di iniziative, l’immobile potrebbe essere momentaneamente destinato o affittato a prezzi accessibili a qualche famiglia bisognosa, nello “spirito di carità” cui è chiamato chi predica il Vangelo. Qualunque possa essere la possibile destinazione, su una cosa non si può transigere: il “bel dono” non può e non deve essere venduto… sarebbe un oltraggio alla memoria di don Oronzo!

Come non è un mistero che la Diocesi, retta da mons. Donato Negro, pare che abbia già proceduto a vendere nei giorni scorsi la “casa-santuario” di don Marco.

Quando, cinque anni fa, si diffusero le prime voci di una possibile vendita, scrissi un articolo che fece clamore (cliccare su “La casa di don Marco in via Roma: quel “monastero” donato alla diocesi di Otranto, ora abbandonato e profanato”).

Don Marco Guido

Se veramente la Diocesi ha già provveduto alla vendita dell’immobile, disattendendo la limpida volontà del generoso don Marco e le finalità della donazione, la vicenda, oltre risvolti religiosi e sociali, presenta indubbi aspetti etici e giuridici di rilevante importanza (e gravità).

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Per rendersene conto basta leggere l’atto di donazione stipulato il 2 agosto 2012 e il testamento olografo dell’8 gennaio 2013, sottoscritto da don Marco proprio per non lasciare dubbi sulle finalità dell’immobile donato.

Riporto sotto entrambi.

L’atto di donazione di don Marco e il testamento olografo

Come si legge nell’atto di donazione, “… è desiderio del donante che l’immobile venga adibito a biblioteca, allocando e conservando nello stesso tutti i libri di proprietà del donante, che saranno offerti alla libera consultazione dei fedeli, per la loro elevazione morale, culturale e religiosa”.

Identica volontà viene riportata nel testamento olografo: “Lascio ed assegno tutti i mobili, arredi, suppellettili, libri e quant’altro contenuto nella mia abitazione in Collepasso alla via Roma a favore dell’Arcidiocesi di Otranto, in modo che possano essere utilizzati per la biblioteca che dovrà essere allocata in detta mia abitazione. Gradirei inoltre che le somme rivenienti dalla mia polizza assicurativa, che prevede come beneficiario l’Arcidiocesi di Otranto, vengano utilizzate per la realizzazione della suddetta biblioteca”.

Queste ultime e chiare volontà avrebbero dovuto, a mio parere, rendere nulla la clausola inserita all’atto della donazione, secondo cui “Qualora si dovesse ravvisare la necessità o l’opportunità di alienare l’immobile oggi donato, sarà cura dell’Arcivescovo, o dei suoi delegati, fare in modo che il netto ricavato della vendita sia destinato sempre alle medesime finalità di culto e religione e che trovino degna collocazione i volumi della libreria”.

Questa clausola (a quanto pare voluta dal Vescovo) aveva, secondo i parenti, turbato don Marco, che aveva poi sentito la necessità di stilare il testamento olografo perché fosse chiara la volontà di istituire la “biblioteca che dovrà essere allocata in detta mia abitazione”.

Quand’anche, comunque, fosse legittima (e, a mio modesto parere, non lo è) la decisione di alienare l’immobile, rimane per la Diocesi il vincolo che “il netto ricavato della vendita sia destinato sempre (ndr: insieme alle “somme rivenienti dalla mia polizza assicurativa”, come previsto dal testamento olografo) alle medesime finalità di culto e religione e che trovino degna collocazione i volumi della libreria”… lapalissiano, no?!?

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Se è vero (come pare vero), allora, che l’immobile sia stato venduto, violando la volontà di don Marco e (mi si permetta) oltraggiandone generosità e memoria… dove sono andati a finire tutti questi soldi (“ricavato della vendita” e somme della “polizza assicurativa”), che credo non siano pochi?!?

Mons. Donato Negro

Acclarato che la decisione della vendita rappresenta uno “schiaffo” alla memoria e alla generosità di don Marco e alla stessa comunità di Collepasso, mi pare evidente che le somme ricavate dalla vendita (di dubbia validità) dell’immobile debbano essere esclusivamente destinate alle finalità volute da don Marco e legate chiaramente alla vita della sua comunità, dal momento che immobile, libri e suppellettili, oggetto della donazione, sono a Collepasso.

Per il momento mi fermo qui… non senza rilevare alcune circostanze.

La prima: davvero l’acquirente ha comprato l’immobile al solo scopo di abbattere la “casa-convento” di don Marco e ricavarne parcheggi?!? Se fosse così, la vicenda assumerebbe toni grotteschi e scandalosi sui quali la stessa Amministrazione comunale farebbe bene, nel caso fosse avanzata richiesta, di fare luce, interessando anche la Magistratura. Sarebbe, infatti, giuridicamente dubbio, oltre che moralmente e socialmente devastante, acconsentire alla distruzione di un luogo destinato per volontà del donante a “biblioteca” e all’“elevazione morale, culturale e religiosa” dei fedeli per farne un parcheggio per esigenze puramente “mercantili” (… mi sovviene l’immagine evangelica di Gesù che scaccia “i mercanti dal Tempio”… “non c‘è più religione!”, ci sarebbe amaramente da dire).

La seconda: è mai possibile che “uomini di Chiesa” dimostrino così tanto cinismo, insensibilità e ingratitudine, violando la volontà e “sporcando” la bellezza del gesto e delle finalità culturali e formative volute da don Marco, loro generoso confratello?!?

Per il momento mi fermo qui, in attesa di risposte chiare da chi di competenza.

Pantaleo Gianfreda


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