9 maggio: Giorno della Memoria per le Vittime del terrorismo. Un ricordo di Moro

9 Maggio 2012 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Il ritrovamento del corpo del leader della DC Aldo Moro, il 9 maggio 1978, dopo cinquantacinque giorni di prigionia ad opera delle Brigate Rosse, costituisce uno degli episodi più tragici di quegli anni in quanto si andò ad attaccare direttamente lo Stato ed i suoi massimi rappresentanti, creando nella popolazione un forte sentimento di angoscia, paura ed estrema preoccupazione.
La Repubblica italiana, con la legge 4 maggio 2007 n. 56, riconosce il giorno 9 maggio, anniversario dell’uccisione dell’Onorevole Aldo Moro, quale “Giorno della Memoria” delle vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice.
La giornata è stata istituita per ricordare e tributare il riconoscimento del Paese a quanti, con il loro sacrificio, hanno contribuito, in particolare negli anni di piombo, a contrastare la sfida di un terrorismo sempre più dilagante e pericoloso. Questa giornata costituisce un omaggio nei confronti di tutte le vittime del terrorismo e testimonia la vicinanza umana alle loro famiglie.
Il 9 maggio serve a ricordare (e ad insegnare a chi non c’era) cosa è stato il terrorismo, cos’è adesso, chi sono le sue vittime, perché dal 1967 a oggi in Italia sono morte circa duecento persone e più del doppio sono state ferite per colpa e per mano del terrorismo.
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Un ricordo personale  di Aldo Moro
Quel 9 maggio 1978 ero a Roma. Da qualche giorno, seguivo un corso di politica agraria presso la Scuola nazionale del PCI di Frattocchie. All’epoca lavoravo presso la Confcoltivatori provinciale.
Ricordo ancora – fotogrammi indelebili della memoria – il volto grave e austero di Luciano Gruppi, direttore della Scuola e “teorico” del partito. Ci convocò nell’Aula Magna per annunciarci la drammatica notizia. Ci invitò ad andare tutti a Roma, al Colosseo. Per manifestare l’indignazione contro il terrorismo assassino e destabilizzante e la solidarietà alla D.C. e alla famiglia per la morte di Aldo Moro.
Lo spazio attorno al Colosseo era stracolmo di umanità dolorante e indignata. Mi ero posizionato su una piccola altura circostante. Le bandiere rosse del PCI sommergevano la folla. Non una bandiera bianca della Democrazia Cristiana. Eppure era stato assassinato il Presidente nazionale di quel partito.
Ricordo – altro fotogramma indelebile della memoria – quelle 4-5 bandiere bianche dello Scudocrociato che, improvvisamente, apparvero all’orizzonte.
Da via Labicana, un rivolo di militanti D.C. si immetteva nel “mare magnum” del Colosseo.
Una scena indimenticabile…
In silenzio, con rispetto e dolore, l’immensa folla delle bandiere rosse si apre per far passare e rendere onore a quelle poche bandiere bianche…
Era questa l’Italia di Moro e Berlinguer… avversari sì, ma con profondo rispetto e attenzione reciproca, uniti per la salvezza dell’Italia in quei difficili e duri momenti…
Li ho conosciuti entrambi. Non ho avuto confidenza con loro. Ero troppo giovane e timido, allora. Avevo “tremore” quando mi trovavo vicino a loro.
Per Berlinguer, uno dei miei miti giovanili, una volta, quando venne a Lecce, ho fatto anche il “servizio d’ordine”. Sempre vicino a lui, ma senza osare mai rivolgergli una parola.
Aldo Moro insegnava presso la Facoltà di Scienze Politiche di Roma, dove io ero iscritto.
Anche qui, fotogrammi indelebili della memoria.
Moro era in quel tempo Ministro degli Esteri. Sempre puntuale, però, alle sue lezioni universitarie, quando non era in giro per il mondo.
Al termine delle lezioni si intratteneva, per lungo tempo, a conversare con gli studenti nel corridoio della Facoltà. Sempre sotto l’occhio vigile del suo caposcorta, il maresciallo Oreste Leonardi, ucciso il 16 marzo 1978, quando Moro fu rapito.
Con Oreste, piemontese gioviale e solare, avevo amicizia e confidenza. Oreste era simpaticone, un amicone. Per me e per tanti giovani studenti come me. Mi rimane ancora vivo il ricordo del bel viso di Oreste.
Come è fisso nella memoria il volto dolce e paziente, quasi remissivo, di Aldo Moro. Non il maestro che “insegna”… ma il maestro e il padre che ascolta i suoi giovani studenti…

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Pantaleo Gianfreda