“Generale, la guerra è finita!”¹. Il ritorno a Collepasso dei reduci della Grande Guerra

3 Novembre 2018 Off Di Pantaleo Gianfreda
Spread the love

La lapide dedicata ai Caduti di Collepasso in piazza Dante

Furono settantaquattro i giovani collepassesi², che “sognavano una casa, una donna, un lavoro”³ e, invece, non rividero mai più il paese natìo.

Collepasso, come tantissimi altri piccoli centri contadini, consunti da oltre tre anni di guerra e ormai senza più un giovane in giro o quasi. Solo anziani, donne, bambini e sciancati, uno stillicidio di tristi telegrammi “e la firma era d’oro, era firma di Re”⁴.

Figli volati in pezzi con “il lampo in un orecchio, nell’altro il paradiso”⁵, solo di pochi “riportate a casa le loro spoglie nelle bandiere legate strette, perché sembrassero intere”⁶.

Il “ragazzo del Novantanove” Ria Rocco di Salvatore e Cazzato Apollonia, caduto il 18 giugno 1918⁷, e Paglialonga Antonio di Paolino e Parentela Teodora, disperso il 26 giugno 1918, ambedue sul monte Grappa, furono gli ultimi giovani periti in combattimento. Altri morirono successivamente per la gravità di ferite e infezioni negli ospedali da campo.

La foto-simbolo della resistenza italiana sul Piave

A distanza di cento anni dalla “Vittoria” nella Grande Guerra, non esiste in tutto lo Stivale un solo superstite ormai da molto tempo e la memoria della guerra “dei pezzenti”⁸, una “guerra di morti di fame contro morti di fame”⁹, “orrenda carneficina e inutile strage”¹º, rischia di apparire in guisa di stanco rituale del 4 novembre.

LEGGI ANCHE  Silenzi assordanti e “orrori” social: riflessioni e interrogativi dopo il blitz antidroga dell’Arma dei Carabinieri a Collepasso

Una rara lapide antibellica nella piazza di Giulianova (TE)

Eppure, soltanto alle soglie del duemila era ancora possibile parlare in villa con qualche reduce, anche poco loquace, ma che in stringati periodi in vernacolo ti permetteva di comprendere l’orrenda realtà vissuta, al di là delle scene fittizie tante volte viste al cinema. Parlavano di “macello a sangue caldo di popolo italiano, un’intera brigata decimata sul posto, i soldati legati agli alberi del bosco”¹¹, altri massacri, inaudite atrocità, sacrifici persino da parte degli imboscati “antieroi”¹². 

Era tornato a casa anche lo “scemo di guerra”, termine offensivamente ironico, affibbiato al reduce divenuto matto dopo giorni e mesi trascorsi tra freddo e vento, polvere e fango, sangue e brandelli, urina e feci, insopportabili, sotto la pioggia esplodente delle granate.

Finalmente un bel giorno ecco sferragliare, fumosa sui binari, non più “la tradotta che va diretta al monte Santo, al cimitero della gioventù”¹³, ma “quel lungo treno”¹⁴ diretto al Sud, con tante tappe, fino all’ultimo concentramento al Distretto di Lecce per il foglio del congedo, e poi il tratto finale, i più forti anche a piedi, verso l’amata, sognata Collepasso.

L’attestato di Cavaliere di Vittorio Veneto assegnato a Biagio Maggiulli, conservato dal figlio Leonardo

Passeranno cinquant’anni e per pochi di loro ancora in vita sarà istituito l’Ordine dei Cavalieri di Vittorio Veneto, un attestato onorifico ma senza emolumento alcuno, oggi rintracciabile in qualche casa del nostro paese.

LEGGI ANCHE  Il 7-8-9 settembre la Festa della Madonna delle Grazie, venerata Patrona di Collepasso dal 1835

Si racconta che sotto la Torretta dell’Orologio in piazza Dante, inaugurata proprio nell’infausto 1914 e che all’epoca fungeva da specie di porta al piccolo abitato di circa duemila anime, si raccolse la sera del 3 novembre un gruppetto di persone, che, “complice una fisarmonica, si diede a balli popolari”¹⁵ e offrì “la faccia al vento, la gola al vino”¹⁶, per festeggiare la fine dell’immane tragedia nazionale, tranne quelli, “per cui tutto ciò è stato un affare”¹⁷.

Giuseppe Lagna

La sede dell’Associazione Mutilati e Invalidi di guerra accanto alla Torre dell’Orologio

Note

(1) da “Generale” in “De Gregori” di Francesco De Gregori, 1978
(2) cfr Orazio Antonaci, “I caduti in guerra di Collepasso”, Grafiche De Blasi, 2013
(3) da “Uno come noi” in “Gente come noi” dei Nomadi, 1991
(4) da “Andrea” in “Rimini” di Fabrizio De Andrè, 1978
(5) da “Fiume Sand Creek” in “L’indiano” di Fabrizio De Andrè, 1981
(6) da “La collina” in “Non al denaro non all’amore né al cielo” di Fabrizio De Andrè, 1971
(7) cfr Giuseppe Lagna“Un ragazzo del 99 di Collepasso nella Grande Guerra…” in www.infocollepasso.it, 2017 
(8) da “La locomotiva” in “Radici” di Francesco Guccini, 1972
(9) cfr Gian Maria Volontè (tenente Ottolenghi) in “Uomini contro” di Francesco Rosi, 1970 (da “Un anno sull’altipiano” di Emilio Lussu, 1938)
(10) da “Lettera di Benedetto XV ai capi dei popoli belligeranti”, 1 agosto 1917
(11) da “Le parole incrociate” in “Anidride solforosa” di Lucio Dalla, 1975
(12) cfr “La grande guerra” di Mario Monicelli, con Vittorio Gassman e Alberto Sordi, 1959 (Leone d’Oro ex-aequo “Il Generale Della Rovere” di Roberto Rossellini, con Vittorio De Sica)
(13) da “La tradotta che parte da Novara (alias Torino)” di Anonimo, 1915/1918 (?)
(14) da “Quel lungo treno”, concept-album sulla prima guerra mondiale, di Massimo Bubola, 2005
(15) cfr Giuseppe Lagna, “La Grande Guerra. Così si festeggiò a Collepasso l’armistizio del 3 novembre” in www.infocollepasso.it, 2015
(16) da “La collina”, in ibidem, 1971
(17) da “Al milite ignoto” in “Canzoni di rabbia” di Claudio Lolli, 1975

N.d.A.: Si raccomanda, specialmente ai più giovani, di ricercare su Internet film, canzoni e scritti, indicati nelle note.


Spread the love
avatar dell'autore
Pantaleo Gianfreda
LEGGI ANCHE  La Gazzetta: “Distributore chiuso. Gianfreda scrive a prefetto e carabinieri”