10 febbraio, “Giorno del Ricordo”. Mattarella: “Tra le vittime molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni”

10 Febbraio 2019 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Ricorre oggi, domenica 10 febbraio, il “Giorno del Ricordo”.

La ricorrenza è stata riconosciuta con legge 30 marzo 2004 n. 92: “La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale…”.

La data fu scelta simbolicamente, poiché proprio il 10 febbraio 1947 entrò in vigore il trattato di pace con cui le province di Pola, Fiume, Zara, parte delle zone di Gorizia e di Trieste passarono alla Jugoslavia.

Le stragi avvennero all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 quando si scatenò l’offensiva dei partigiani comunisti contro nazisti e fascisti. Nel mezzo furono colpiti indiscriminatamente tutti gli italiani. Il massacro più vasto fu messo in atto a guerra finita, nel maggio del 1945, per costringere gli italiani a fuggire dalle province istriane, dalmate e della Venezia Giulia. Secondo le fonti più accreditate le vittime furono almeno 5000, ma diversi storici parlano di diecimila e più.

Ieri il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto commemorare al Quirinale la tragedia delle Foibe con un appassionato discorso in difesa dell’Europa.

“Celebrare la giornata del Ricordo – ha detto Mattarella – significa rivivere una grande tragedia italiana, vissuta allo snodo del passaggio tra la seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente. Mentre, infatti, sul territorio italiano la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli Italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave”.

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“Non si trattò, come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare, di una ritorsione contro i torti del fascismo – ha detto il Capo dello Stato -.  Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni. Solo dopo la caduta del muro di Berlino, il più vistoso, ma purtroppo non l’unico simbolo della divisione europea, una paziente e coraggiosa opera di ricerca storiografica ha fatto piena luce sulla tragedia delle foibe e del successivo esodo, restituendo questa pagina strappata alla storia e all’identità della nazione”.

Dopo le stragi nelle Foibe, ha proseguito Mattarella, “i circa 250mila profughi, che tutto avevano perduto e che guardavano alla madrepatria con speranza e fiducia, non sempre trovarono in Italia la comprensione e il sostegno dovuti. Ci furono, è vero, grandi atti di solidarietà. Ma la macchina dell’accoglienza e dell’assistenza si mise in moto con lentezza, specialmente durante i primi anni, provocando agli esuli disagi e privazioni. Molti di loro presero la via dell’emigrazione, verso continenti lontani. E alle difficoltà materiali in Patria si univano, spesso, quelle morali: certa propaganda legata al comunismo internazionale dipingeva gli esuli come traditori, come nemici del popolo che rifiutavano l’avvento del regime comunista, come una massa indistinta di fascisti in fuga. Non era così, erano semplicemente italiani”.

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“L’ideale di Europa – ha aggiunto il Presidente della Repubblica – è nato tra le tragiche macerie della guerra, tra le stragi e le persecuzioni, tra i fili spinati dei campi della morte. Si è sviluppata in un continente diviso in blocchi contrapposti, nel costante pericolo di conflitti armati: per dire mai più guerra, mai più fanatismi nazionalistici, mai più volontà di dominio e di sopraffazione. L’ideale europeo, e la sua realizzazione nell’Unione, è stato – ed è tuttora – per tutto il mondo, un faro del diritto, delle libertà, del dialogo, della pace. Un modo di vivere e di concepire la democrazia, che va incoraggiato, rafforzato e protetto dalle numerose insidie contemporanee, che vanno dalle guerre commerciali, spesso causa di altri conflitti, alle negazioni dei diritti universali, al pericoloso processo di riarmo, al terrorismo fondamentalista di matrice islamista, alle tentazioni di risolvere la complessità dei problemi attraverso scorciatoie autoritarie”.


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Pantaleo Gianfreda