Don Antonio Coluccia, “prete coraggio” e “prete degli ultimi”, a Collepasso per il 25° anniversario della tragica morte dello zio poliziotto Vito

11 Gennaio 2021 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Don Antonio Coluccia

Vito Coluccia, nato a Specchia (LE) il 13.12.1950, Sovrintendente Capo della Polizia di Stato presso il Commissariato P.S. di Taurisano, morì a 45 anni, l’8 gennaio 1996, “in un violento incidente stradale, mentre – come riporta il sito cadutipoliziadistato.it a bordo della Volante della quale era capopattuglia stava recandosi a prestare ausilio a personale del proprio Commissariato che aveva appena catturato un noto pregiudicato della zona. Quella sera una Volante del commissariato di Taurisano aveva richiesto ausilio poiché aveva individuato all’interno di un locale pubblico un pericoloso latitante. Nell’accorrere in ausilio dei colleghi, a causa dell’asfalto reso viscido dalla pioggia la vettura di servizio perse aderenza andando a scontrarsi contro il pilastro di un cavalcavia. Il sottufficiale morì durante il trasporto in ospedale”.

Vito Coluccia

A 25 anni da quell’infausta data, il nipote don Antonio Coluccia ha voluto ricordare lo zio Vito, suo padrino di battesimo, con una Santa Messa presso la Chiesa Cristo Re di Collepasso, concelebrata insieme al parroco don Antonio Tondi.

Alla cerimonia religiosa, promossa dal Gruppo A.N.P.S. “G. Palatucci” di Collepasso, aderente all’Associazione Nazionale Polizia di Stato-Sezione di Galatina, erano presenti la vedova e i figli dello scomparso poliziotto, il Questore di Lecce Andrea Valentino, il dirigente del Commissariato della Polizia di Stato di Galatina Giovanni Bono (già commissario a Taurisano), il comandante della Compagnia dei Carabinieri di Casarano Massimiliano Cosentini, il comandante della Stazione dei Carabinieri di Collepasso Tersigio Zezza, il sindaco Paolo Menozzi e numerosi fedeli, pur nel rigoroso rispetto del distanziamento previsto dalle misure anti-Covid.

La Chiesa Cristo Re nel corso della celebrazione

Una cerimonia semplice e toccante per ricordare “un uomo che ha creduto nei valori dello Stato – come ha ricordato nel corso dell’omelia don Antonio Coluccia – e in quel senso del dovere che oggi spesso manca a chi preferisce scaricare su altri le responsabilità e girarsi dall’altra parte. Vito, fedele uomo dello Stato, è un esempio per i giovani e per tutti perché non si è mai girato dall’altra parte, nemmeno nell’ultimo e tragico giorno della sua morte. In lui era forte il valore della legalità, vissuto con coerenza nell’impegno e nella fedeltà alla Polizia di Stato e nella vita civica. Ricordiamo Vito, a 25 anni dalla sua scomparsa, per indicarlo ancora come esempio di poliziotto, cittadino, marito e padre”.

Don Antonio Coluccia a fine cerimonia con soci Anps, il parroco don Antonio Tondi e il sindaco Menozzi

Un esempio che ha fortemente inciso nella formazione e nelle scelte di vita del nipote don Antonio Coluccia, noto in tutta Italia per il suo impegno contro le mafie e la criminalità, da cui è stato ripetutamente minacciato e intimidito, tanto da essere costretto a spostarsi sotto scorta per ragioni di sicurezza.

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È stato definito in tanti modi: “prete di strada”, “prete degli ultimi”, “prete coraggio”, “prete operaio”, ecc.

Il sacerdote, infatti, nativo di Specchia come lo zio, opera da anni a Roma, nel quartiere Nord di Grottarossa, come viceparroco nella parrocchia San Filippo Apostolo, ma è soprattutto noto per aver fondato l’“Opera Don Giustino Onlus”, un’organizzazione no-profit impegnata concretamente nella lotta contro le povertà e l’esclusione sociale, all’accoglienza di poveri, emarginati, persone senza fissa dimora per restituire loro dignità, rispetto e considerazione umana.

Un prete di strada – scriveva nel dicembre 2018 un blog della provincia romana –, un sacerdote giunto alla sua missione a 25 anni da giovane operaio di un calzaturificio quando decise di cambiare completamente vita per seguire l’improvvisa e grande vocazione: aiutare gli ultimi, i sofferenti e gli emarginati indossando l’abito talare. Missione che, giunto a Roma, nel quartiere di Grottarossa, è diventata sua ragione di vita, come lo è la sua battaglia per la legalità e contro la criminalità, lo spaccio, la delinquenza, il fascino del denaro facile traviante i giovani. Un prete che dà fastidio e che già nel passato, sempre a Grottarossa, era stato oggetto di minacce”. Numerosi sono stati in questi anni le minacce dirette, gli attentati e i “messaggi” minatori inviatigli dalla criminalità, che non hanno mai spaventato il coraggioso sacerdote, ma che, anzi, sono stati da stimolo per un sempre maggiore impegno in favore degli ultimi e della legalità.

Don Antonio, infatti, è riuscito a trasformare una villa confiscata ad un boss della Banda della Magliana (mille metri quadri su tre piani con tre ettari di terreno) in una casa di accoglienza per poveri, tossicodipendenti ed ex detenuti che vivono i problemi più disparati e che la sua Opera accoglie gratuitamente, attuando anche progetti formativi di reinserimento lavorativo e sociale.

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Continuo è l’impegno di don Antonio contro l’illegalità, soprattutto contro la droga e i trafficanti, e “gira” l’Italia per portare dovunque la sua testimonianza di fede e legalità. Ritorna spesso nel Salento, dove mantiene antichi rapporti con familiari e amici e cura quelli con semplici cittadini e Istituzioni, in particolare con le Forze e le Associazioni della Polizia di Stato.

Don Antonio presso il Commissariato P.S. di Galatina. Al centro, il Dirigente Bono e, 2° a sin., l’Ispettore Perrone (nostro compaesano)

Visibile e forte l’impegno contro i trafficanti di droga e di morte del suo quartiere. “Occhi chiari, tonaca nera. Tutte le sere – scriveva un mese fa un giornale on line d’inchiesta, nel denunciare “il supermarket della droga” nel quartiere romano di San Basilio – don Antonio scende in processione per le strade di San Basilio. Armato di megafono, recita preghiere e canzoni. Percorre le vie dello spaccio ostacolando, in parte, gli affari dei clan. La gente apre le finestre: c’è chi applaude e ringrazia, qualcuno insulta. «È capitato di ricevere una sassaiola». I pregiudicati della zona hanno già emesso la sentenza: «Tanto prima o poi gli spareranno»”.

Insomma, un prete coraggioso che vive con coerenza e concretezza il messaggio evangelico, un “esempio vivente” della Chiesa “dalla parte degli ultimi” voluta da Papa Francesco.

Don Antonio e Papa Francesco

La presenza di don Antonio Coluccia a Collepasso, dove era già stato nell’agosto 2017, è, pertanto, un evento che non può passare inosservato alla cronaca locale, che ha il dovere di rendere note la figura e le opere buone di questo sacerdote coraggioso e degno di essere chiamato “cristiano”, che va aiutato e sostenuto generosamente (cliccare su operadongiustino.it).

Pantaleo Gianfreda

Post scriptum

Sebbene a malincuore ho il dovere (per lo sdegno) di segnalare un “whatsapp” pervenutomi la sera della cerimonia da un cittadino che mi ha inviato una foto tratta da facebook con volto “cerchiato” e un messaggio: “ma la rossetti cosa c’entra?”.

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Gli ho semplicemente risposto: “…se chiama…petrusinu te ogni minescia…”,

In effetti, di fronte o accanto ad un “gigante” c’è sempre qualche “lillipuziano” che si agita per mettersi in mostra e cerca di strumentalizzare persino “domineddiu” per ambizioni personali. Il soggetto è, infatti, una nota “arrampicatrice politica”, nell’occasione “travestita” da poliziotta, ma sempre pronta, in altre occasioni, ad altri “camaleontici” travestimenti con altre “divise” d’occasione, pervicace e invadente prima-“donna insieme” (con tutti) in ogni possibile esibizione ed occasione.

Confesso che, dopo aver partecipato alla Messa di don Antonio Coluccia, mi sono poi ritrovato con un sorgente, insidioso e incontrollabile “magone” serale (…“m’ha venuta ‘na camàscia”, si diceva una volta), ripensando al “Gigante” sull’altare e alla “bambina” sul leggio (con il “pistolotto” dell’Epistola e la “divisa da poliziotta”)… “agitandosi” poi, come suo solito, a fine cerimonia per essere “sempre presente accanto” e poi immortalata nelle foto di circostanza da pubblicizzare su facebook.

… che pena queste “miseriucole”!

Quello che spiace è, da una parte, che il soggetto, che pur è intelligente e  (un po’ troppo eccessivamente) vivace, non abbia il senso della misura e del ridicolo, oltre che della coerenza (come fa la “giovanotta” a riempirsi la bocca di legalità – e persino a “dottoreggiare” – e a stare accanto ad un “gigante” della legalità se professa e segue “modelli” e personaggi politici antitetici ai principi di legalità, nonché noti condannati nazionali, “devastatori” di tali principi?!?), e non lesina, pur di gratificare il suo “ego” e le sue smisurate ambizioni, di mettersi in mostra “in cielo, in terra e in ogni luogo” ed in ogni modo (eccessivo e senza pudore)… dall’altra, spiace dover constatare che un’associazione di ex poliziotti (tutte bravissime persone, indubbiamente… seppur con “germi” di ingenuità!), che pur dovrebbero avere qualche residuo di passato “intuito investigativo”, continuino a farsi strumentalizzare e “fare da piedistallo” alle ambizioni politiche e personali di un soggetto che forse “venderebbe l’anima al diavolo” e si metterebbe tutte le “divise” del mondo pur di soddisfare le sue ambizioni politiche e personali… non pensate, amici cari, che “est modus in rebus” (cioè, “’nc’è modu e modu”!) e, soprattutto, che un’associazione seria, autonoma e indipendente dai partiti e dalla politica non dovrebbe permettere certi “sciacallaggi” e strumentalizzazioni?!?


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Pantaleo Gianfreda