Insulti e minacce di un “mastro” dopo la pubblicazione dell’articolo sulle “storie pagliare”

Insulti e minacce di un “mastro” dopo la pubblicazione dell’articolo sulle “storie pagliare”

17 Settembre 2020 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Ho il dovere di informare i lettori e denunciare pubblicamente vicende un po’ allucinanti che riguardano questo blog.

Pare, infatti, che il mio articolo ““Storia (e storie) da raccontare”…”, pubblicato quattro giorni fa (13 settembre), abbia fatto “saltare i nervi” (e il buon senso) a qualcuno.

Fabrizio Mastrogiovanni è riuscito, infatti, nell’“ardua” impresa di mettere in atto, nel giro di poche ore, scritti, atti e gesti inconsulti, offensivi e persino minatori nei miei confronti, “colpevole” di aver scritto quello che era già noto a tutti (almeno agli “addetti ai lavori”).

Premetto che il soggetto, improvvisato “apprendista stregone” della politica, mi fa un po’ tenerezza e com-passione (dal latino “cum patire”-“soffrire insieme”) e quasi “soffro insieme” a lui per essersi cacciato in un’avventura più grande di lui, probabilmente trascinatovi da “cattivi maestri”.

Mi chiedo tuttora come sia possibile che “’nu bravu vagnone” (almeno, era quello che pensavo) si sia cacciato in situazioni così “discole”, che potrebbero arrecargli qualche “danno” anche giudiziario.

Mi convinco sempre più che chiunque, prima di “inventarsi” politico, dovrebbe essere obbligato a frequentare un corso accelerato sui “principi fondamentali” della politica, cercando di acquisire almeno una conoscenza appropriata della Costituzione italiana.

Oltretutto il soggetto, invece di reagire con pesanti offese personali, avrebbe potuto contestare i contenuti del mio articolo e inviarmi un comunicato o uno scritto “alternativo”. Non lo ha fatto. Solo offese contro la mia persona.

Veniamo ai fatti.

Dopo la pubblicazione dell’articolo, nel pomeriggio dello stesso giorno (13 settembre), Mastrogiovanni scrive sul suo profilo facebook un lungo post dal titolo emblematico ed offensivo, “L’asino ragliante”, in cui si profonde in “alti” e “dotti” apprezzamenti su “…una razza di “asini” PANTA-LE@…”, che “…si caratterizza per la sua unica virtù, di ragliare, ragliare e ragliare”… e così “dottorando”. Lapalissiano il riferimento alla mia persona.

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Identico post pubblica lo stesso pomeriggio sulla chat WhatsApp “Giullari a corte”, dal nome dell’associazione di cui è presidente, cui sono iscritte 36 persone, me compreso (pur non facendo parte dell’associazione, ero stato iscritto “d’ufficio” probabilmente per poter pubblicizzare le iniziative dell’associazione su InfoCollepasso, come ho sempre fatto). Decide, poi, di rimuovermi (bontà sua!) dalla chat, scrivendo: “Chi non sa apprezzare il rispetto non merita rispetto!!”.

E pensare che solo pochi giorni fa, il 28 agosto 2020, ero stato invitato con “rispetto” (… proprio “me”… povero “asino” tapino e “ragliante“!) come relatore (con altri) alla presentazione del romanzo di una giovane e brava autrice collepassese, organizzata proprio dall’associazione del Mastrogiovanni!

Di fronte a tali “intemperanze”, avevo pensato di rispondere con ironia alle “metamorfosi” quadrupedi del soggetto… anche se mi rendevo conto che un “asino” come me… non sarebbe stato certo “all’altezza” di competere con uno “stallone” della cultura e della politica… come lui!

…poi tutto è precipitato, costringendomi a ben altre risposte.

La desolante vicenda non si esauriva, infatti, nella pubblicazione di post offensivi su facebook e chat.

Nella stessa giornata del 13 settembre, alle ore 18.11, il Mastrogiovanni inviava un messaggio WhatsApp al mio cellulare, in cui mi definiva “Macu Minchia”.

Non avendo il numero registrato sulla mia rubrica, pur avendo il sospetto della sua provenienza, chiedevo di “sapere chi scrive così nobili parole”… come risposta mi beccavo un ulteriore “ragliante”.

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Lunedì 14 settembre, alle ore 14.44, inviava altro messaggio intimidatorio e minatorio, in cui testualmente scriveva: “Ti avverto di togliere tutto quello che hai scritto su di me nel tuo blog è lo hai condiviso sui social quanto prima dopo di che finisce qui. Se non lo farai al più presto ne pagherai le conseguenze”.

Quest’ultimo messaggio era, però, successivo ad un’altra “bravata” compiuta pochi minuti prima ai danni miei e della mia stessa famiglia.

Verso le 14.15-14.20, il Mastrogiovanni suonava alla mia abitazione. Ero appena tornato dal mare, ero a torso nudo e avvolto in un asciugamano, avendo da poco fatto la doccia, e pranzavo con mia moglie, mentre mio figlio lavorava in smart working nella sua stanza. Mia moglie, recatasi a vedere chi fosse, mi comunicava di essere desiderato dal Mastrogiovanni, in attesa fuori dal cancello. Mi affacciavo e, dopo il saluto di rito, lo pregavo di ripassare più tardi, poiché stavo pranzando ed ero “in stato non presentabile” e, per evitare “scenate” od altro, lo invitavo ad andar via. Mentre chiudevo la porta di casa lo sentivo dire: “… due ore di tempo… di togliere quello che hai scritto…”. Non reagivo e tornavo tranquillo a tavola. Nel frattempo, però, qualcuno aveva attivato il video-registratore, che riporta con chiarezza la breve e decisa “ingiunzione” del soggetto,

(cliccare ed ascoltare il brevissimo video)

Ultimo episodio nella prima mattinata di martedì 15 settembre.

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Alle ore 5.32 ricevo un messaggio WhatsApp del Mastrogiovanni, in cui, tra l’altro, scriveva: “…non hai provveduto a eliminare quell’articolo sul tuo sito…”, preannunciando “una denuncia formale per diffamazione”. A quell’ora dormivo ancora e lo squillo di pervenuto messaggio mi faceva svegliare di soprassalto con una certa tensione e preoccupazione, senza più riprendere sonno.

Nella stessa giornata mi recavo, poi, alla Stazione dei Carabinieri e, dopo aver esposto fatti e “prove”, pregavo il Comandante pro tempore di diffidare, almeno verbalmente, l’“importuno seriale”, al fine di non avvicinarsi alla mia abitazione e non inviare messaggi al mio cellulare.

Il resto sarà, purtroppo, cronaca giudiziara…

Pantaleo Gianfreda

Post scriptum

Mi preme aggiungere, anche per i tanti “leoni da tastiera” che spesso ed incautamente “scherzano con il fuoco”, che la Suprema Corte ha statuito che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca Facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 terzo comma del codice penale, poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone. Il principio si estende a tutti i social, comprese le chat cui partecipano diverse persone, che prendono immediatamente visione dei messaggi pubblicati.

Nel caso specifico, oltre la diffamazione aggravata a mezzo stampa, l’Autorità Giudiziaria potrebbe ravvisare anche altri (e forse più gravi) reati.

Ringrazio, infine, un “collega” del Mastrogiovanni, che, subito dopo la pubblicazione di quest’articolo, ha subito chiamato costernato per chiedermi scusa a nome di tutta la categoria. Lo ringrazio.


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Pantaleo Gianfreda