“Ora Vittorio è in carcere…”. La triste e sconvolgente vicenda di Collepasso sui social e sulla stampa

31 Maggio 2019 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Carmelo Abbate è un giornalista siciliano di Castelbuono, in provincia di Palermo.

Sui social racconta “Storie Nere”, che cominciano tutte con “Lui (o Lei) è…”.

Sul suo profilo facebook si presenta così: “Racconto Storie Nere, qui, su Youtube, a Quarto Grado. In passato a Panorama. Ho condotto Il Labirinto su Rete4. Ho scritto 10 libri, amo Roberto Mancini”.

Stamattina ha pubblicato una foto del prof. Antonio Leo e ha dedicato alla sua vicenda brevi, secche ed incisive considerazioni.

Le riporto integralmente:

Lui è Antonio Leo, classe 1930, laureato a 22 anni, insegnante per una vita, infine preside. Lui è un uomo stimato a Collepasso, penisola salentina, Lecce.

Lui sposa la professoressa Giovanna Sindaco.

Marito e moglie fanno sacrifici, mettono al mondo due figli, una femmina e un maschio, costruiscono una bella villa su due piani, che un giorno, quando loro non ci saranno più, andrà ai loro ragazzi, che nel frattempo saranno cresciuti, avranno studiato, si saranno fatti una bella posizione, una famiglia, tanti nipoti.

Gli anni passano. La professoressa muore. La figlia studia, diventa psichiatra, si trasferisce a Roma. Il figlio Vittorio lascia la facoltà di Ingegneria e diventa intermediario immobiliare, un mestiere che il preside Antonio non comprende e non accetta, perché gli sembra una cosa poco raccomandabile.

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L’anziano genitore non capisce nemmeno perché la grande casa è vuota. La moglie non c’è più, la figlia lavora fuori, il figlio ha 48 anni e non è nemmeno sposato. Niente moglie, niente nipoti. Niente di niente.

Lui è Vittorio. Lui reclama affetto e considerazione dal padre. Lui sente di ricevere solo ordini. Poche parole, il più delle volte taglienti, pesanti. Parole che fanno male. Lui si vede come un fallito agli occhi del genitore. Lui sente che suo padre gli preferisce la sorella, con la quale Vittorio litiga per questioni di eredità.

È mercoledì. Il corpo senza vita di Antonio viene trovato carbonizzato dentro il bagno della sua abitazione. È stato bruciato vivo. Il figlio Vittorio chiama i Carabinieri, racconta che è arrivato a casa a mezzogiorno, il genitore era ai fornelli, lui si stava disinfettando una ferita con l’alcol, è scoppiata una lite, lui gli ha spruzzato l’alcol addosso, ma è finito anche sulla fiamma, ed è divampato l’incendio. A quel punto il padre sarebbe corso in bagno per raggiungere la doccia e provare a spegnere le fiamme. Mentre lui sarebbe rimasto immobile, scioccato. Lui non ha alzato un dito per aiutare il padre. Lui ha pulito il pavimento, ha fatto sparire la bottiglietta dell’alcol, poi si è cucinato un piatto di pasta al ragù, si è messo comodo, e ha mangiato.

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Ora Vittorio è in carcere.

Oltre i social, i giornali locali e nazionali e le televisioni nei loro principali telegiornali hanno dedicato molto spazio alla tragedia di Collepasso.

“La Gazzetta del Mezzogiorno” e “Nuovo Quotidiano di Puglia” hanno diffusamente scritto di questa scioccante vicenda, riportando anche i commenti di alcuni psicologi.

Riporto alcuni articoli di oggi (venerdì 31 maggio) dei due giornali, iniziando dalle riflessioni di uno psicologo sulla Gazzetta (quasi identico articolo sul Quotidiano) e altri di cronaca dello stesso giornale e dell’altro, che possono aiutare a capire l’evoluzione dei fatti e l’immane tragedia di quella famiglia (per leggere bene cliccare sulle immagini).

Nuovo Quotidiano di Puglia


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Pantaleo Gianfreda