Luoghi, mestieri e personaggi degli anni ’50-’60 in un caratteristico presepe di Germano De Prezzo. Buon Natale!

24 Dicembre 2019 Off Di Pantaleo Gianfreda
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C’è un presepe nel grande laboratorio di un multiforme e apprezzato artigiano (e artista) di Collepasso che merita di essere conosciuto per alcune sue particolarità.

Il “creativo” in questione è Germano De Prezzo, oggi più attivo che mai dopo il grave trauma che subì nell’aprile 2017 mentre sistemava nella Chiesa Madre il Sepolcro. Si è ripreso dopo lunghe cure mediche e l’amorevole assistenza della moglie Rosetta e dei familiari. Oggi, a 77 anni (ma sembra ancora un “giovincello”), continua a curare la sua grande passione: i presepi.

Germano De Prezzo

Una passione che lo “prese” quando aveva 10-11 anni, nel 1952-53, e frequentava i “monaci te Galatone”, dove il padre e il parroco don Salvatore Miggiano lo avevano “mandato” per finire la V elementare e frequentare la I media. Con lui altri ragazzi “aspiranti monaci” (come il defunto mesciu Mariu Turzilla, lu Ginu Cazzatu ed altri) che furono “vocati” ma non “electi”… negli anni ’50 e ’60 a Collepasso abbondantissima era la “messe” di ragazzi aspiranti monaci e preti… ma, come dice il Vangelo di Matteo, “multi sunt vocati, pauci vero electi” (“molti sono i chiamati, ma in verità pochi gli eletti”).

Fu presso i monaci di Galatone che Germano apprese l’arte di costruire presepi e da allora ne ha costruiti tanti (70 e più), esposti in Chiese e mostre di Collepasso, ma anche Gallipoli, Otranto, Lecce, Ruffano, ecc.

L’altro ieri l’ho trovato intento negli ultimi dettagli per un presepe “destinazione Gallipoli”, in cui la capanna della nascita del Bambin Gesù è collocata nel Palmento di Collepasso.

Germano intento alla rifinitura della sua ultima “creatura”

Ero, però, andato a trovarlo per rivedere un suo caratteristico presepe che aveva esposto presso il Castello nel 2015.

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Un presepe monumentale e storico, che meriterebbe di essere stabilmente collocato in un luogo antico come il Castello o in qualche edificio scolastico come memoria e “testimonianza vivente” delle antiche tradizioni.

Un presepe che è certamente “monumento” per la sua fattura, ma soprattutto perché ricostruisce, accanto alla grotta di Betlemme e ai luoghi tradizionali della terra di Gesù, luoghi e, soprattutto, attività e personaggi di Collepasso, oggi quasi del tutto scomparsi.

Scene e personaggi sono quasi tutti ambientati nella chiazziceddhra (piazza Vittoria), di cui è “cantore massimo” Pippi Marzano, poeta in vernacolo delle nostre tradizioni.

Un tempo la chiazziceddhra rappresentava il “cuore pulsante” del paese. Era qui che “si svolgeva la vita”. Era questo il luogo in cui si ritrovavano i contadini per truvare la sciurnata, contrattare o parlare di campagna e altro. Era qui che convergevano e si ritrovavano la sera tanti cittadini. Sino agli anni ’60 vi si svolgevano persino tutti i comizi. La domenica e nei giorni festivi si teneva, poi, un mercatino e tutti (locali e non) “cacciavano” (esponevano) in piazza i loro prodotti.

In occasione del Natale ho pensato, pertanto, di rievocare questo presepe particolare e istruttivo e descriverne i personaggi, tutti ambientati negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, ringraziando Germano per la disponibilità e collaborazione.

Partiamo da Paolo e Grazia Polimeno e il loro vecchio (e ora dismesso) frantoio, unici a non essere parte della chiazziceddhra, ma indubbiamente personaggi caratteristici di Collepasso.

Paulucciu e Graziusina Polimeno

All’interno del loro trappitu sono rappresentati il “mitico” Paulucciu, seminudo e con la caratteristica “bandana” contadina, e la sorella Graziusina, intenta “a far di conto” alla scrivania. Grazia, grande donna, è scomparsa esattamente sette anni fa (il 30 dicembre 2012) a 77 anni, mentre l’“immortale” Paolo si avvia il prossimo 29 febbraio 2020 ai suoi “22 anni” bisestili. È impressionante la rassomiglianza del “pupo” in cartapesta con Paolo, unico personaggio ancora vivente tra quelli che elencherò, al quale auguriamo lunga vita “bisestile”.

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Lu Tore Crusi, il macellaio

Dove ora c’è il salone di Antonio Margari, c’era un tempo la macelleria te lu Tore Crusi. Nel presepe è ricostruita con esattezza la macelleria te la chiazziceddhra, dove un tempo era possibile esporre all’esterno le carni in vendita e interi quarti di maiale o di animali vari.

Il pozzo del Castello

Il falegname e lu panararu

Il falegname rappresentato è Mesciu Cesariu De Matteis, che aveva la sua puteca in via Umberto I, proprio di fronte all’abitazione del defunto don Oronzo, e la domenica “cacciava” i suoi prodotti alla chiazziceddhra.

Il secondo personaggio intrecciava e vendeva panari e canisce, prodotti molto in uso nelle attività contadine e familiari. Non è ben identificato, ma potrebbe trattarsi di Pietro De Filippi, che abitava in via Diaz ed era molto abile nel costruire panari e canisce. Un altro personaggio del mestiere, molto abile nel costruire cannizzi (così chiamati perché venivano realizzate con le canne), era anche l’Angiulinu Marinone.

La caldarrostaia

Era la moglie di un fruttivendolo, lu Totu Rigliacu, la cui abitazione “dava” sia su via A. Diaz che su piazza Malta (la Cornula), a pochi metri dalla chiazziceddhra. Nei giorni festivi la donna metteva fuori il fornetto a legna, arrostiva e vendeva le caldarroste per la felicità di grandi e, soprattutto, dei “piccinni”.

Il venditore di scarpe e lu scarparu

Provenivano ambedue da Cutrofiano. Uno, mesciu Caetanu, era un commerciante che vendeva scarpe.

La puteca te l’Ucciu Filieri e lu salone te l’Albericu

La presenza di puteche era classica un tempo nei nostri paesi. Svolgeva allora il ruolo che esercitano oggi bar e pizzerie. Si giocava, si mangiava ’nu pezzettu di carne o ‘nu ‘mboiacatu e, soprattutto, si beveva uno e più bicchieri di vino.

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Una delle puteche più in voga, data anche la posizione nella strategica chiazziceddhra, era quella te l’Ucciu Filieri, in funzione sino a pochi decenni fa. Sullo sfondo è rappresentato l’Ucciu che porta il vino ad alcuni avventori, intenti a giocare a carte tra un pezzetto e un bicchiere di vino.

Tra gli avventori sono rappresentati mesciu Ninu scarparu e l’Ernestu te la Giuina (nonno di Silvano e Franca Errico, nonché bisnonno del giovane ottico Giovanni).

Il salone era, invece, quello te l’Albericu Pellegrino ed era posizionato di fronte alla fontana.

Alberico partì poi per il Nord Italia e la “posizione” di barbiere te la chiazziceddhra venne acquisita da Ernesto Malerba, padre del defunto Roberto e di Rosalba, nonché nonno dell’omonimo Ernesto, di Federico e Rita. Nella zona operò anche il salone di mesciu Romeo Bray.

Il figulo

La domenica, nel corso del mercato, erano presenti anche i Benegiamo, noti figuli (vasai) di Cutrofiano che producevano e vendevano prodotti di terracotta (vasi, ‘nbili, pignate, ecc.).

La lavandaia

Ultima immagine caratteristica, quella della lavandaia con il corredo di materiale occorrente per lavare bene panni vari della famiglia: la pila, lu cofanu pe’ la lissìa, ecc.

Una sommaria carrellata di belle e caratteristiche immagini che in questo Natale 2019 richiamano “tempi che furono”, ma che non dobbiamo mai dimenticare, poiché anche quei tempi, quegli usi e quei personaggi sono parte delle nostre radici.

Nel complimentarmi ancora una volta con Germano De Prezzo per la sua mai doma passione per i presepi e la sua bravura, non mi resta che augurare a tutti

Buon Natale!

Pantaleo Gianfreda


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