Venerdì 4 agosto, ore 21.00, Atrio Palazzo baronale, Rassegna artistica di poesia e musica “D’abitudine diverso”

1 Agosto 2017 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Venerdì 4 agosto, alle ore 21.00, presso l’Atrio del Palazzo baronale, edizione 2017 di “D’abitudine diverso”, tradizionale rassegna artistica di poesia e musica promossa, organizzata e recitata da Luigi Marzano e Fernanda Cataldo.

Chitarra e musica d’autore con Francolino Viva e Musica e canzoni a cura di Roberto Vantaggiato.

Di seguito la recensione dell’iniziativa dalla pagina facebook dell’evento:

D’abitudine diverso 2017, quest’anno ha un unico tema, quello di parlare del più grande esodo della Storia Moderna, mettendo in scena: l’emigrazione italiana.

«Bel paese, brutta gente.» Ce lo siamo tirati dietro per un pezzo, questo modo di dire diffuso in tutta l’Europa e scelto dallo scrittore Claus Gatterer come titolo di un romanzo in cui racconta la diffidenza e l’ostilità dei sud-tirolesi verso gli italiani. Oggi raccontiamo a noi stessi, con patriottica ipocrisia, che eravamo «poveri ma belli», che i nostri nonni erano molto diversi dai curdi o dai cingalesi che sbarcano sulle nostre coste, che ci insediavamo senza creare problemi, che nei paesi di immigrazione eravamo ben accolti o ci guadagnavamo comunque subito la stima, il rispetto, l’affetto delle popolazioni locali. Ma non è così.

“Non eravamo considerati di razza bianca nei tribunali dell’Alabama. Ci era vietato l’accesso alle sale d’aspetto di terza classe alla stazione di Basilea. Venivamo martellati da campagne di stampa indecenti che ci dipingevano come «una maledetta razza di assassini». Cercavamo casa schiacciati dalla fama d’essere «sporchi come maiali». Dovevamo tenere nascosti i bambini come Anna Frank in una Svizzera dove ci era proibito portarceli dietro”.

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All’inizio gli italiani si spostarono in modo sporadico in Europa, in Francia, Svizzera e Germania in particolare, paesi in cui alta era la richiesta di manodopera. Dopo il 1870 s’iniziò a partire anche per paesi lontani, Argentina e Brasile prima e poi USA. All’inizio emigrarono contadini e piccoli artigiani del nord, più vicino all’Europa del sud e con più soldi per viaggiare. Poi progressivamente aumentò anche l’emigrazione verso luoghi più lontani, e nei primi 13 anni del 1900 i numeri divennero esponenziali: oltre 3 milioni di italiani finirono negli Stati Uniti, oltre 900.000 in Argentina e più di 300.000 in Brasile. Gli italiani che partivano erano poveri, contadini e analfabeti; partivano e viaggiavano in condizioni estreme e quando arrivavano li aspettavano pregiudizio, razzismo e violenze. Il 25% di loro su alcune “carrette dei mari” di quei tempi, moriva durante il tragitto. Lo stereotipo dell’Italiano era poco edificante: mafioso, sporco, che fa molti figli e vive nel degrado. Spesso vittime di soprusi ad opera di cittadini e poliziotti, vedevano i loro aguzzini quasi mai puniti per i crimini commessi.

Nel secondo dopoguerra, riprendendo la strategia fascista, si assiste alla stipula di una serie di accordi bilaterali tra Italia e gli Stati europei che richiedono manodopera per la ricostruzione. L’accordo con la Francia è del 1946. Le migrazioni dopo la Seconda Guerra mondiale, riguardano soprattutto l’Europa e la Francia è una delle mete principali. In questo periodo lo spostamento dei migranti conosce fasi alterne, legate all’andamento economico dei singoli paesi e degli accordi stretti fra questi e l’Italia. Il flusso verso Francia e Belgio, assai intenso nei primi anni 1950, decresce nella seconda metà del decennio e tocca il suo minimo dopo il 1963.


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Pantaleo Gianfreda
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