Il Giubileo della Misericordia voluto da Papa Francesco: “Abbandoniamo paura e timore, viviamo la gioia dell’incontro”

8 Dicembre 2015 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Francesco apre la Porta Santa della Basilica di San Pietro

Francesco apre la Porta Santa della Basilica di San Pietro

Oggi, Festa dell’Immacolata, Papa Francesco ha inaugurato ufficialmente il Giubileo straordinario della Misericordia (chiuderà il 20 novembre 2016), aprendo la Porta Santa della Basilica di San Pietro.
“Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato; viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma – ha esortato Papa Francesco -. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon Samaritano. Nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro: dove c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla, per portare la gioia del Vangelo e portare la misericordia e il perdono di Dio”. E ancora: “Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia. Attraversare la Porta Santa, dunque, ci faccia sentire partecipi di questo mistero di amore, di tenerezza”.
Un evento (non solo religioso) straordinario voluto da un Papa straordinario in un momento storico straordinario e difficile per spingere gli uomini alla riconciliazione e alla concordia.
Francesco, sin dai primi giorni del suo pontificato è tornato spesso sulla parola “misericordia” (dal latino “miserere”/“avere pietà” e “cor-cordis”/”cuore”), invitando tutte le persone a non rimanere indifferenti nei confronti dei problemi altrui, ma di unirsi in nome di un sentimento di fratellanza.
Non si capirebbe, però, sino in fondo il senso del Giubileo della Misericordia voluto da Francesco in questo momento storico se non si conosce bene l’esegesi di questa parola.
“Misericordia”, in greco (lingua del Nuovo Testamento) si dice “éléos”. Parola familiare nell’invocazione domenicale del “Kyrie eleison”, che, in modo riduttivo, diventa nella traduzione italiana “Signore, pietà!”. E’, invece, una invocazione alla misericordia di Dio. “Éléos” è la traduzione abituale della parola ebraica “hésèd”, una delle parole bibliche più belle, che, spesso, si traduce molto semplicemente con “amore”. “Hésèd”, misericordia o amore, fa parte del vocabolario biblico dell’alleanza di Dio con il suo popolo e designa un amore incrollabile, capace di mantenere una comunione per sempre, qualsiasi cosa capiti. Un simile amore incondizionato suppone il perdono, non può che essere misericordia. “Éléos” traduce ancora un altro termine ebraico, quello di “rahamîm”. Questa parola va spesso di pari passo con “hésèd”, ma è più caricata di emozioni. Letteralmente, significa “le viscere”, ed è una forma plurale di “réhèm”, “il seno materno”. Nell’esegesi biblica, la misericordia è l’amore, l’affetto di una madre per il suo bambino, la tenerezza di un padre per i suoi figli, un intenso amore fraterno.
E’ questo il significato che ha voluto dare Francesco al Giubileo, che presuppone uno stato, un approccio, un’apertura, una conversione dell’animo umano alla misericordia.
In un periodo così difficile per la storia dell’umanità, caratterizzato da guerre, terrorismo, stragi, scontri pseudoreligiosi, esodi biblici, sofferenze disumane, egoismi che approfondiscono sempre più il divario tra ricchi e poveri e Nord e Sud del mondo, disatri ambientali, ripetute avvisaglie di regressione all’homo homini lupus (“l’uomo è lupo per l’uomo”), paure, crisi della politica, crisi dei valori fondanti della convivenza umana e civile… la figura di questo Papa si staglia e si erge nella quotidianità e nella Storia come la più alta Autorità morale del mondo contemporaneo. Non solo per le sue parole forti e profetiche, ma soprattutto per la forza dei suoi gesti e dei suoi esempi. Un uomo di grande e genuina fede evangelica che ama profondamente la sua Chiesa e cerca di riportarla all’essenza del messaggio cristiano (“Varcando la Porta Santa vogliamo anche ricordare un’altra porta che, cinquant’anni fa, i Padri del Concilio Vaticano II spalancarono verso il mondo”, ha detto, ricordando che “il Concilio è stato un incontro: un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario”). Un uomo “misericordioso” che ama tutti gli uomini e le donne del mondo, al di là di religioni e posizioni, cercando di trovare un difficile, ma necessario e vitale, filo comune che tenga unita l’umanità ai valori di pace, giustizia sociale e fratellanza… nello spirito della “misericordia”.

Francesco apre la Porta Santa della Cattedrale di Bangui nel Centrafrica

Francesco apre la Porta Santa della Cattedrale di Bangui nel Centrafrica

Ha molto impressionato, prima dell’odierna apertura ufficiale, il primo e significativo atto giubilare di Francesco il 29 novembre scorso, con l’apertura della Porta Santa a Bangui, nella Repubblica Centrafricana.
Credo che, al di là dei riti e delle liturgie ecclesiastici, Francesco abbia voluto dare un segnale rivoluzionario, di forte innovazione, aprendo il Giubileo della Misericordia proprio nell’Africa martoriata.
Rimarrà impressa nella storia l’immagine di Francesco, dell’umile e straordinario Papa “venuto da lontano”, incurante delle minacce terroristiche che incombono oggi nel mondo, di fronte alla porta di legno della Cattedrale nel Centro Africa, terra martoriata da guerre, miserie e sofferenze.
Rimarrà nella storia lo straordinario viaggio di un Papa umile e coraggioso, che, sfidando guerre e pericoli, sembra significativamente ripercorrere, pur nella differenza dei tempi, il viaggio di un altro Francesco, che, ottocento anni fa, nel 1219, si diresse a piedi, insieme a pochi discepoli, da Assisi verso Damietta, in Egitto, per incontrare il Sultano al-Malik al-Kamil per portare un messaggio di pace e fraternità. L’incontro del Poverello di Assisi con il sovrano aperto, colto, illuminato fu straordinario. In un tempo – ieri, al tempo delle Crociate; oggi, al tempo della dilagante islamofobia – in cui un musulmano non si poteva concepire se non come nemico, empio, diabolico, il mite ed umile Francesco, contrario alla guerra e sopratutto ad una guerra come le Crociate, condotte in nome della fede, dimostrò che un uomo inerme riesce dove un esercito non riuscirà mai con le armi, perché, oltre tutte le diversità, c’è sempre un terreno comune, ci sono sempre territori inesplorati, spirituali e materiali, in cui avventurarsi insieme per il desiderio della ricerca, per l’interesse a scoprire realtà che possano contribuire ad un reciproco arricchimento.

Il Papa e l'Iman nella moschea di Bangui

Il Papa e l’Iman nella moschea di Bangui

Rimarrà nella storia l’immagine e il messaggio, il 29 novembre 2015, di Francesco in visita alla moschea di Bangui, che prega insieme all’Iman mussulmano, così come aveva già fatto con l’Iman della Moschea Blu di Istanbul, e con lui percorre un tratto di strada della città sulla sua papamobile.
“Cristiani e musulmani siamo fratelli – disse in quell’occasione il Papa -, dobbiamo dunque considerarci come tali, comportarci come tali. Sappiamo bene che gli ultimi avvenimenti e le violenze che hanno scosso il vostro Paese non erano fondati su motivi propriamente religiosi. Chi dice di credere in Dio deve essere anche un uomo o una donna di pace. Cristiani, musulmani e membri delle religioni tradizionali hanno vissuto pacificamente insieme per molti anni. Dobbiamo dunque rimanere uniti perché cessi ogni azione che, da una parte e dall’altra, sfigura il Volto di Dio e ha in fondo lo scopo di difendere con ogni mezzo interessi particolari, a scapito del bene comune. Insieme, diciamo no all’odio, alla vendetta, alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome di una religione o di Dio. Dio è pace, Salam”.
E, in sintonia con le parole del Papa cattolico, l’Iman mussulmano: “Le relazioni tra fratelli e sorelle cristiani e noi stessi sono talmente profonde, che nessuna manovra tendente a spezzarle potrebbe avere successo. I fautori dei disordini potrebbero ritardare la realizzazione di questo o quel progetto di comune interesse o compromettere per un tempo l’una o l’altra attività, ma mai, ‘in sha Allah’, essi potrebbero distruggere i legami di fraternità che uniscono solidamente le nostre comunità”.
In questi momenti difficili, in cui rischiano di prevalere l’irrazionalità e le divisioni, straordinario è il messaggio del mite Francesco, infiniti sono gli spazi della pace e le distese dell’amicizia, rispetto ai luoghi ristretti ed angusti in cui la diffidenza e l’odio chiudono gli uomini nel gioco al massacro della reciproca distruzione.
Questo, per me, è il senso del Giubileo straordinario della Misericordia voluto dallo straordinario Papa Francesco.


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Pantaleo Gianfreda
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