89 giovani collepassesi furono rinchiusi nei lager nazifascisti dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943

2 Marzo 2015 Off Di Pantaleo Gianfreda
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I deportati salentiniFurono ben ottantanove i nostri giovani concittadini rinchiusi nei lager nazifascisti, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.
Rastrellati in gran parte nei Balcani e nelle isole egee, rifiutarono di aderire alla RSI di Mussolini e Hitler, subendo, per questo, una dolorosa prigionia; molti di loro non fecero più ritorno a Collepasso e gran parte risulta così sotto la triste denominazione di “dispersi”.
A settant’anni di distanza da quei tragici eventi per la nostra Nazione, finalmente sono stati commemorati, domenica 15 febbraio, nel Circolo ARCI “Kronos” del nostro paese, in occasione della presentazione del ponderoso volume di Pati Luceri “I deportati salentini leccesi nei lager nazifascisti”, edizioni Giorgiani, con circa settemila nomi.
Come accade ormai da diversi anni in numerose manifestazioni dell’ANPI, è toccato a chi scrive condurre il convegno, cui hanno preso parte una trentina di figli, nipoti e parenti di alcuni degli ottantanove deportati collepassesi.
Va subito detto che quattro di essi sono tuttora viventi. Si tratta di Salvatore Cezza, residente in Belgio, Giuseppe Marzano, Ria Virgilio e Pietro Romano, residenti a Collepasso; per ovvi motivi di salute, è potuto intervenire solo Giuseppe “Pippi” Marzano, falegname, classe 1922, che ha pure preso la parola, raccontando lucidamente e con dovizia di particolari la propria dis-avventura in Albania.
Pur apprezzando notevolmente la laboriosa ricerca dell’Autore, presente in sala, giunto alla quarta pubblicazione di volumi sui Partigiani, Antifascisti e Deportati salentini, non si è potuto evitare, nel corso del dibattito, di porre in risalto il gran rammarico per essere pervenuti a tali ricerche storiche a distanza di molti anni dallo svolgersi dei fatti.
D’altronde le cause dello stendersi di un velo di oblìo negli anni del Dopoguerra sono abbastanza note e sono affiorate negli interventi e nei racconti personali dei partecipanti al dibattito, ognuno dei quali ha riferito particolari anche toccanti sulle vicende del proprio caro.
Campeggiava, s’è detto, soprattutto un certo pudore da parte dell’ex deportato nel narrare le indicibili sopportazioni patite, ma a certi ascolti era anche divenuta refrattaria la stessa società dell’epoca, ormai alle prese con la ricostruzione e il boom economico, pagati a caro prezzo dalla diaspora di milioni di lavoratori del Sud, reduci compresi.
E non va dimenticata la politica nazionale e internazionale della cosiddetta “guerra fredda”, nonché i nuovi assetti europei, ben pronti, come emerge nel caso delle stragi nazifasciste, a pacificare il tutto con una bella chiusura degli “armadi della vergogna”.
Non è stato un puro caso se la ripresa della memorialistica sulla Resistenza si è enormemente rinvigorita con le lotte del Sessantotto e degli anni Settanta, per giungere infine alla storiografia di fine secolo, sedimentata e condivisa (pur con qualche eccezione).
Queste ricerche son servite, inoltre, a sfatare la vulgata secondo cui Resistenza e deportazioni furono fenomeni che riguardarono solo il centro-nord; in questo modo è stato svelato, ai più che lo ignoravano, l’immenso tributo di sangue e di sacrificio dato dai contadini-soldato del meridione.
In conclusione, gran merito va al professor Luceri per la suddetta pubblicazione, unica in Italia, così come per le tre precedenti, frutto di costanza e impegno negli archivi umidi e polverosi dello Stivale.
Non altrettanto dicasi per le Istituzioni, quasi totalmente assenti per lunghi anni nel favorire l’intrapresa di simili lavori; ed è con questo cruccio che l’Autore conclude il suo caloroso intervento finale.
“Ma la ricerca continua!”, profferisce Pati a voce alta, mentre si sciama verso il cortiletto di uscita; è vero, tanto c’è ancora da scoprire ed è giusto farlo, perché, dietro ogni nome e cognome rintracciati su un foglio ingiallito traluce il volto di un giovanotto, che alla guerra avrebbe certamente preferito “una casa, una donna, un lavoro”.

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Di seguito l’elenco dei deportati di Collepasso, cui nel libro segue una breve biografia anagrafica e militare:

ANGELELLI Ugo Nicola
ANTONACI Giovanni
BRAY Antonio
BRAY Rocco
BRAY Rocco
CAZZATO Antonio
CEZZA Salvatore
CICCARDI Michele
COSTA Vincenzo
D’AUTILIA Antonio
D’AUTILIA Nicola
D’ELIA Giovanni
DE BLASI Luigi
DE GIOVANNI Carmelo
DE MATTEIS Giuseppe
DE SANTIS Giuseppe
DE SIMONE Salvatore
ERRICO Vittorio
FERSINI Ernesto
FERSINI Quintino
FUSO Archimede
GIANFREDA Antonio
GIANFREDA Pasquale
GRASSO Donato
GRECO Filippo
GRECO Salvatore
GUIDO Salvatore
LEO Michele
LEO Oronzo
LEO Rocco Pantaleo
MALORGIO Ercole
MALORGIO Rocco
MANGIA Antonio
MARRA Cosimo
MARRA Cosimo
MARRA Paolo
MARRA Salvatore
MARZANO Giuseppe
MASTRIA Domenico
MELE Giovanni
MELI Antonio
MELLONE Giulio
MELLONE Salvatore
MOSCARA Antonio
NASSISI Cosimo
PAGLIALONGA Antonio
PAGLIALONGA Antonio
PAGLIALONGA Antonio
PAGLIALONGA Antonio
PAGLIALONGA Antonio
PAGLIALONGA Fedele
PAGLIALONGA Fiore
PAGLIALONGA Giovanni
PAGLIALONGA Pietro
PAGLIALONGA Salvatore
PAGLIALONGA Salvatore
PAGLIALONGA Salvatore
PAGLIALONGA Soderino Ottavio
PALUMBO Giovanni
PELLEGRINO Giovanni
PERRONE Cesario
PILADE Antonio
PISCOPO Antonio
PLANTERA Antonio
RIA Antonio
RIA Carlo
RIA Carmine
RIA Francesco
RIA Francesco
RIA Francesco
RIA Rosario
RIA Salvatore
RIA Virgilio
RIA Vito
RICCARDI Germano
RIGLIACO Grazio
RIZZO Leonardo
ROLLO Giovanni
ROMANO Pietro
SCOLLATO Luigi
SEDILE Rocco
SINDACO Germano
SINDACO Vito
SPECCHIARELLO Antonio
SPICCHIARELLI Vittorio
SVIATO Diego
TAU Giovanni
TEDESCO Giovanni
VALENTINI Antonio.

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Giuseppe Lagna


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Pantaleo Gianfreda